domenica 22 dicembre 2013
Ecco perchè non ho ancora scritto un nuovo articolo
Insomma, un articolo questo mese ve lo scordate.
Buone feste, futuri mangaka, e vi ricordo che dal 27 al 29 potrete apprendere con me tutto ciò che vi serve per presentarvi da un editore Giapponese nel corso Debut, oppure imparare le basi con Ilaria nel Corso Base. Altrimenti, dal 3 al 5 potrete scoprire quanto puzzano i Copic nel Corso Copic!
Vi aspetto ;)
martedì 12 novembre 2013
Thor: the anteprima world
Prima di cominciare: questo articolo è senza spoiler. È talmente senza spoiler che non parlo per niente del film.
La giornata non era cominciata bene. Dopo aver saltato la colazione, ci eravamo accomodati allo stand nel Japan Palace e vista la folla avevamo detto addio alla tranquillità per il quarto giorno di fila.
Ilaria era in pausa, io disegnavo, quando all'improvviso sento del chiacchericcio e squittii alla mia destra, e un paio di mani mi entrano in visuale, reggendo due dischi volanti. Ilaria ha la faccia di un bimbo a Natale: I due dischi volanti sono i biglietti per l'anteprima italiano di Thor.
Saltiamo la parte in cui ci sentiamo potentissime.
L'ingresso
Davanti al cinema c'è una bolgia di persone che scopriamo essere i plebei. Ci dice lo stesso angelo che ha lanciato a Ilaria i biglietti che noi si entra dall'entrata vippe. Nell'entrata vip (un vicolo) c'è quasi più gente che nell'entrata per plebei, alcuni ancora stanno mangiando la pizza seduti ai bordi. Con orologiosvizzerità si animano due manichini alla men-in-black, che ci ordinano di mettere addosso il biglietto, perché il biglietto non è il disco volante ma il braccialetto esclusivo che ci sta dentro.
Io e Ilaria lo teniamo col pollice perché se no ci scivola fino alla spalla. A gruppetti di 5-10 persone entriamo e scopriamo...
La sicurezza
Nemmeno per i check-in dell'areoporto c'è lo stesso livello di security: per assicurarsi che non filmeremo ci fanno imbustare i cellulari in buste sigillate, così come le macchine fotografiche, le batterie delle macchine fotografiche, e gli MP3.
Poi si passa attraverso un secondo esame. Per essere davvero davvero sicuri che sia stato imbustato tutto, si passa individualmente attraverso operatori che col metal detector manuale ti cercano apparecchi, ed erano regolati per essere ancora più sensibili che negli areoporti... Come lo so? I miei occhiali, che sono composti da due sottilissime astine metalliche che ho portato anche nel check-in sono risultati al metal detector. Una volta in sala, una voce registrata ci informa che "il personale anti-pirateria sarà equipaggiato di occhiali infrarossi".
I cellulari imbustati li voglio anche in areoporto.
Ok, ma che avete visto?
Per cominciare, visto che il film era in lingua originale, il doppiatore italiano di Thor ci recita qualche battuta e ripropongono battutine per far piacere a noi nerd (perché il termine geek ancora nessuno sa cos'è) e chiamano addirittura sul palco due del pubblico a recitare un pezzo del film. La parte femminile la fa Ilaria.
Dopo, ci vediamo tre trailer: prima the avengers 2, poi guardians of the galaxy, e infine capitan america 2. Tutti in lingua originale, gioia per le mie orecchie.
Prima che cominci il film, Chris in persona ci saluta in un filmato dicendoci "cyaoh amychy dih lyucah comics and games" (l'ultima parte l'ha detta proprio bene) e dal pubblico schizzano bulbi oculari di genere non precisato.
Poi ci fanno mettere gli occhialini 3D, bellissimi, e comincia il film
Finalmente, impressioni del film?
Bella Frigga, voglio un film solo per lei.
E poi, i gadgettini <3
Ringraziamenti sono dovuti alla angelica Giulia Miss Reptyle che ha avuto pietà di Ilaria, o del suo costoso vestito per lo meno, e l'ha aiutata ad acchiappare i biglietti. Sei stata la nostra salvatrice!
Ringrazio anche Giulia, che ci ha aspettato a casa nonostante io e la Ila fossimo state delle cattive senpai.
E anche la tipina accanto a me che è stata tanto dolce e simpatica, e non si è lamentata dei continui commenti al film o del fatto che per sbaglio le ho mangiato un po' di popcorn.
Andate in pace.
La giornata non era cominciata bene. Dopo aver saltato la colazione, ci eravamo accomodati allo stand nel Japan Palace e vista la folla avevamo detto addio alla tranquillità per il quarto giorno di fila.
Ilaria era in pausa, io disegnavo, quando all'improvviso sento del chiacchericcio e squittii alla mia destra, e un paio di mani mi entrano in visuale, reggendo due dischi volanti. Ilaria ha la faccia di un bimbo a Natale: I due dischi volanti sono i biglietti per l'anteprima italiano di Thor.
Saltiamo la parte in cui ci sentiamo potentissime.
L'ingresso
Davanti al cinema c'è una bolgia di persone che scopriamo essere i plebei. Ci dice lo stesso angelo che ha lanciato a Ilaria i biglietti che noi si entra dall'entrata vippe. Nell'entrata vip (un vicolo) c'è quasi più gente che nell'entrata per plebei, alcuni ancora stanno mangiando la pizza seduti ai bordi. Con orologiosvizzerità si animano due manichini alla men-in-black, che ci ordinano di mettere addosso il biglietto, perché il biglietto non è il disco volante ma il braccialetto esclusivo che ci sta dentro.
![]() |
Il braccialetto, ispirato al martello di Thor ovviamente! |
La sicurezza
Nemmeno per i check-in dell'areoporto c'è lo stesso livello di security: per assicurarsi che non filmeremo ci fanno imbustare i cellulari in buste sigillate, così come le macchine fotografiche, le batterie delle macchine fotografiche, e gli MP3.
Poi si passa attraverso un secondo esame. Per essere davvero davvero sicuri che sia stato imbustato tutto, si passa individualmente attraverso operatori che col metal detector manuale ti cercano apparecchi, ed erano regolati per essere ancora più sensibili che negli areoporti... Come lo so? I miei occhiali, che sono composti da due sottilissime astine metalliche che ho portato anche nel check-in sono risultati al metal detector. Una volta in sala, una voce registrata ci informa che "il personale anti-pirateria sarà equipaggiato di occhiali infrarossi".
I cellulari imbustati li voglio anche in areoporto.
Ok, ma che avete visto?
Per cominciare, visto che il film era in lingua originale, il doppiatore italiano di Thor ci recita qualche battuta e ripropongono battutine per far piacere a noi nerd (perché il termine geek ancora nessuno sa cos'è) e chiamano addirittura sul palco due del pubblico a recitare un pezzo del film. La parte femminile la fa Ilaria.
Dopo, ci vediamo tre trailer: prima the avengers 2, poi guardians of the galaxy, e infine capitan america 2. Tutti in lingua originale, gioia per le mie orecchie.
Prima che cominci il film, Chris in persona ci saluta in un filmato dicendoci "cyaoh amychy dih lyucah comics and games" (l'ultima parte l'ha detta proprio bene) e dal pubblico schizzano bulbi oculari di genere non precisato.
Poi ci fanno mettere gli occhialini 3D, bellissimi, e comincia il film
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Ispirati a Thor e Loki, bellissimi e preziosissimi ** |
Finalmente, impressioni del film?
Bella Frigga, voglio un film solo per lei.
E poi, i gadgettini <3
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Abbiamo tenuto anche le bustine dove erano custoditi gli occhiali! |
Ringrazio anche Giulia, che ci ha aspettato a casa nonostante io e la Ila fossimo state delle cattive senpai.
E anche la tipina accanto a me che è stata tanto dolce e simpatica, e non si è lamentata dei continui commenti al film o del fatto che per sbaglio le ho mangiato un po' di popcorn.
Andate in pace.
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martedì 1 ottobre 2013
Giochiamo a: Botanicula
Nonostante il nome sia brutto in maniera invereconda, il gioco è decisamente nella top three dei più bei punta e clicca mai fatti.
O indie game, se ci tenete.
Iniziamo dalla storia: controlli un gruppo di spore/semi che abitano su un albero. L'albero è stato attaccato da un ragno che lo vampirizza (da lì il nome botanicula) non solo succhiandone la linfa vitale, ma creando scompiglio negli abitanti e generalmente sconvolgendo l'ecosistema della pianta.
Il tuo compito è guidare le spore attraverso la pianta per raggiungere il suolo e piantarvi l'ultimo seme dell'albero per ricominciare da zero.
Perché è così fantastico?
Innanzitutto il gameplay è intuitivo e semplicissimo, e la grafica si sposa con il soundtrack creando una atmosfera che cattura.
Non é così lungo da stancare e non é così corto da lasciare l'amaro in bocca, si sviluppa tranquillamente rinnovando sempre le "missioni" per un' esperienza di gioco rilassante, quasi terapeutica.
Non è nemmeno il solito punta e clicca noioso, ci sono a volte delle situazioni che richiedono prontezza, ma senza esagerare.
A chi lo consigli?
Per saziare la sete di semplicità, prescrivo un'ora al giorno a tutti gli stressati.
Tutto qui?
Tutto qui. Giocate.
O indie game, se ci tenete.
Iniziamo dalla storia: controlli un gruppo di spore/semi che abitano su un albero. L'albero è stato attaccato da un ragno che lo vampirizza (da lì il nome botanicula) non solo succhiandone la linfa vitale, ma creando scompiglio negli abitanti e generalmente sconvolgendo l'ecosistema della pianta.
Il tuo compito è guidare le spore attraverso la pianta per raggiungere il suolo e piantarvi l'ultimo seme dell'albero per ricominciare da zero.
Perché è così fantastico?
Innanzitutto il gameplay è intuitivo e semplicissimo, e la grafica si sposa con il soundtrack creando una atmosfera che cattura.
Non é così lungo da stancare e non é così corto da lasciare l'amaro in bocca, si sviluppa tranquillamente rinnovando sempre le "missioni" per un' esperienza di gioco rilassante, quasi terapeutica.
Non è nemmeno il solito punta e clicca noioso, ci sono a volte delle situazioni che richiedono prontezza, ma senza esagerare.
A chi lo consigli?
Per saziare la sete di semplicità, prescrivo un'ora al giorno a tutti gli stressati.
Tutto qui?
Tutto qui. Giocate.
giovedì 26 settembre 2013
Che vuol dire "copiare uno stile"?
A volte ci troviamo davanti a immagini che camminano su un filo sottile. Il sottile, sottilissimo filo tra l'influenza e la copia. Un gioco pericoloso, al quale nessuno dei partecipanti vince. Puoi chiamarlo cameo, ispirazione, puoi chiamarlo influenza... Ma è simile. Dannatamente simile.
Ma cos'è, esattamente, copiare uno stile?
Copiare uno stile è maledettamente sottile: non è banale o evidente come copiare un'immagine. Si tratta di studiare, minuziosamente, cosa fa di uno stile uno stile personale e non un "genere". Per capirci, di genere intendo uno stereotipo, mentre per stile intendo un insieme di elementi che rende personale e immediatamente riconoscibile un disegno.
L'angioletta a destra è uno dei disegni più famosi fatti da emeriti sconosciuti, ma che tutti abbiamo visto almeno ventordici volte nella nostra vita, nelle firme delle undicenni nei forum, e rimane uno dei disegni più "quintessenza manga" mai creati e copiati. Ci rappresenta il "genere".
E poi c'è Ichigo a sinistra, e mi rifiuto di spiegare chi sia e da dove viene. Indubbiamente, nella mia carriera da insegnante, lo stile che ho visto copiare di più è quello di Tite Kubo, per motivi piuttosto ovvi: sembra semplice, ma al contempo è accattivante. Ed è uno "stile"
Ora. Copiare una immagine singola, è un gioco da ragazzini (e dovrebbe essere lasciato ai ragazzini), ma copiare uno stile? Significa disegnare una situazione come la disegnerebbe l'autore, e rendere propri gli elementi di questo stile, non solo nelle proporzioni ma anche nella tecnica, e mai deviare con elementi propri. Indubbiamente più difficile. Da un certo punto di vista è quasi incredibile ciò che riescono a fare alcuni, conoscendo uno stile e copiando, copiando, copiando fino a renderlo proprio.
Alcune volte è addirittura involontario, quando uno stile piace talmente tanto che diventa automatico riferirsi a un certo autore per ogni cosa, finendo a mimare lo stile senza a volte nemmeno rendersene conto.
Insomma, a un certo punto lo stile di qualcuno vira, ed è maledettamente simile a quello di qualcun altro. Potreste dirmi "ma gli shoujo sono tutti uguali!" "ma quelli che disegnano per Topolino..." e io discenderò dal cielo accompagnata da un coro d'angeli e vi dirò di chiudere il becco.
Leggete, perdiana.
Ma copiare uno stile è davvero male?
Non negherò che ci sono filoni dove uno stile personale è quasi mal visto. Non negherò che per gli assistenti essere bravi a copiare è un pregio. Ma queste sono cose che tornano utili dopo l'essere stati assunti, mentre a un colloquio, almeno l'ultima volta che ho controllato, a nessuno ha fatto piacere riconoscere una copia spudorata di un grande autore. Perché? Perché immediatamente ci si presenta come qualcuno che non ha saputo farsi uno stile suo e per questo è corso ai ripari. Invece di migliorarsi personalmente, si è appoggiato a qualcuno di più bravo e ha perso la sua indipendenza per compensare la propria inadeguatezza. Ci si sente quasi presi in giro: ma come, pensava davvero che non me ne sarei accorto che questo stile non è suo?
E le vostre intenzioni iniziali non importano più. Non importa il messaggio, quanto come viene recepito, e nel 99% dei casi viene recepito male... Perché in effetti copiare uno stile è un messaggio negativo. Rasenta la criminalità, artisticamente parlando, ed è indizio di una personalità testarda e possibilmente insensibile verso i sentimenti altrui, insomma una persona con la quale non si vuole avere a che fare.
Personalmente posso capire che uno stile piaccia tanto da dire "vorrei disegnare così", ci sono passata davvero spesso, ma c'è da fermarsi un'attimo e dirsi "no, voglio disegnare meglio di così". Il "voglio disegnare così" viene travisato, e nella nostra testa il così diventa così. Esattamente così, che è sbagliatissimo. Mantenere o evolvere il vostro stile non significa essere indietro rispetto ai grandi autori, significa darsi la possibilità di superarli. Copiare, in qualsiasi campo, significa relegarsi ad essere per sempre una brutta copia di qualcun altro. Non sarete mai, MAI come l'originale, per quanto vi sforziate, ed è lì il problema del copiare uno stile: non si migliora davvero, ed inoltre è artisticamente imperdonabile.
C'è da capire che un autore spende anni a crescere il proprio stile, nutrirlo con le migliori ispirazioni, giocandoci per sperimentare nuove tecniche, migliorando le sue debolezze e vedendolo crescere ogni giorno, in pratica per molti autori il loro stile è un figlio. Uno stile personale e riconoscibile serve a far sì che quando qualcuno mette il tuo disegno su una pagina fb senza crediti si capisca lo stesso che sei tu, che se appare su una copertina si riconosce subito anche senza leggere l'autore.
Perché la gente è pigra, e non basta avere il proprio nome da qualche parte, gli artisti sanno che devono spiccare per non essere facilmente dimenticati. E anche perché, ovviamente, a nessuno piace non sentirsi "unico".
Una volta cresciuto questo "figlio" vederselo clonare e pure male dal primo scemo del villaggio che passa, non è bello. E sì, per concludere, copiare uno stile è male.
Ma come si riconosce uno stile copiato da un'ispirazione o un'influenza?
In realtà è molto semplice: prima di tutto un'influenza si evolve lentamente nello stile di un autore e spesso non mette radici a lungo termine, e in secondo luogo una semplice ispirazione sarà mescolata allo stile pre-esistente dell'autore. Una ispirazione dura uno, due pezzi e poi scompare per sempre. Una copia avviene letteralmente a comando del disegnatore, e quindi lo stile subisce una virata improvvisa e forzata, spesso accompagnata da copie senza vergogna e abbinata a un continuo parlare dell'autore originale dello stile, visto che come ho scritto prima, il "voglio disegnare così" porta il copiatore ad ammirare, deizzare l'originale.
Aspettate, quindi, e controllate i segni prima di balzare in groppa al destriero bianco e scassare i maroni ad un potenziale innocente, e soprattutto far venire un attacco di cuore all'artista.
Che dite, ne sapete abbastanza adesso di copie? Io passo e chiudo, ricordando a tutti quanti di venirmi a trovare al Lucca Comics, mi trovate al Japan Palace, al piano superiore in una saletta privata, con il fidato stand LuccaMangaSchool che offre anche abbondanti workshop per chi vuole passare un'ora a disegnare (e imparare!) prima di rituffarsi nella bolgia del Comics.
Cercherò di tornare a scrivere regolarmente, prometto, quindi scrivetemi le vostre idee per nuovi articoli!!
Ma cos'è, esattamente, copiare uno stile?
Copiare uno stile è maledettamente sottile: non è banale o evidente come copiare un'immagine. Si tratta di studiare, minuziosamente, cosa fa di uno stile uno stile personale e non un "genere". Per capirci, di genere intendo uno stereotipo, mentre per stile intendo un insieme di elementi che rende personale e immediatamente riconoscibile un disegno.
L'angioletta a destra è uno dei disegni più famosi fatti da emeriti sconosciuti, ma che tutti abbiamo visto almeno ventordici volte nella nostra vita, nelle firme delle undicenni nei forum, e rimane uno dei disegni più "quintessenza manga" mai creati e copiati. Ci rappresenta il "genere".
E poi c'è Ichigo a sinistra, e mi rifiuto di spiegare chi sia e da dove viene. Indubbiamente, nella mia carriera da insegnante, lo stile che ho visto copiare di più è quello di Tite Kubo, per motivi piuttosto ovvi: sembra semplice, ma al contempo è accattivante. Ed è uno "stile"
Ora. Copiare una immagine singola, è un gioco da ragazzini (e dovrebbe essere lasciato ai ragazzini), ma copiare uno stile? Significa disegnare una situazione come la disegnerebbe l'autore, e rendere propri gli elementi di questo stile, non solo nelle proporzioni ma anche nella tecnica, e mai deviare con elementi propri. Indubbiamente più difficile. Da un certo punto di vista è quasi incredibile ciò che riescono a fare alcuni, conoscendo uno stile e copiando, copiando, copiando fino a renderlo proprio.
Alcune volte è addirittura involontario, quando uno stile piace talmente tanto che diventa automatico riferirsi a un certo autore per ogni cosa, finendo a mimare lo stile senza a volte nemmeno rendersene conto.
Insomma, a un certo punto lo stile di qualcuno vira, ed è maledettamente simile a quello di qualcun altro. Potreste dirmi "ma gli shoujo sono tutti uguali!" "ma quelli che disegnano per Topolino..." e io discenderò dal cielo accompagnata da un coro d'angeli e vi dirò di chiudere il becco.
Leggete, perdiana.
Ma copiare uno stile è davvero male?
Non negherò che ci sono filoni dove uno stile personale è quasi mal visto. Non negherò che per gli assistenti essere bravi a copiare è un pregio. Ma queste sono cose che tornano utili dopo l'essere stati assunti, mentre a un colloquio, almeno l'ultima volta che ho controllato, a nessuno ha fatto piacere riconoscere una copia spudorata di un grande autore. Perché? Perché immediatamente ci si presenta come qualcuno che non ha saputo farsi uno stile suo e per questo è corso ai ripari. Invece di migliorarsi personalmente, si è appoggiato a qualcuno di più bravo e ha perso la sua indipendenza per compensare la propria inadeguatezza. Ci si sente quasi presi in giro: ma come, pensava davvero che non me ne sarei accorto che questo stile non è suo?
E le vostre intenzioni iniziali non importano più. Non importa il messaggio, quanto come viene recepito, e nel 99% dei casi viene recepito male... Perché in effetti copiare uno stile è un messaggio negativo. Rasenta la criminalità, artisticamente parlando, ed è indizio di una personalità testarda e possibilmente insensibile verso i sentimenti altrui, insomma una persona con la quale non si vuole avere a che fare.
Personalmente posso capire che uno stile piaccia tanto da dire "vorrei disegnare così", ci sono passata davvero spesso, ma c'è da fermarsi un'attimo e dirsi "no, voglio disegnare meglio di così". Il "voglio disegnare così" viene travisato, e nella nostra testa il così diventa così. Esattamente così, che è sbagliatissimo. Mantenere o evolvere il vostro stile non significa essere indietro rispetto ai grandi autori, significa darsi la possibilità di superarli. Copiare, in qualsiasi campo, significa relegarsi ad essere per sempre una brutta copia di qualcun altro. Non sarete mai, MAI come l'originale, per quanto vi sforziate, ed è lì il problema del copiare uno stile: non si migliora davvero, ed inoltre è artisticamente imperdonabile.
C'è da capire che un autore spende anni a crescere il proprio stile, nutrirlo con le migliori ispirazioni, giocandoci per sperimentare nuove tecniche, migliorando le sue debolezze e vedendolo crescere ogni giorno, in pratica per molti autori il loro stile è un figlio. Uno stile personale e riconoscibile serve a far sì che quando qualcuno mette il tuo disegno su una pagina fb senza crediti si capisca lo stesso che sei tu, che se appare su una copertina si riconosce subito anche senza leggere l'autore.
Perché la gente è pigra, e non basta avere il proprio nome da qualche parte, gli artisti sanno che devono spiccare per non essere facilmente dimenticati. E anche perché, ovviamente, a nessuno piace non sentirsi "unico".
Una volta cresciuto questo "figlio" vederselo clonare e pure male dal primo scemo del villaggio che passa, non è bello. E sì, per concludere, copiare uno stile è male.
Ma come si riconosce uno stile copiato da un'ispirazione o un'influenza?
In realtà è molto semplice: prima di tutto un'influenza si evolve lentamente nello stile di un autore e spesso non mette radici a lungo termine, e in secondo luogo una semplice ispirazione sarà mescolata allo stile pre-esistente dell'autore. Una ispirazione dura uno, due pezzi e poi scompare per sempre. Una copia avviene letteralmente a comando del disegnatore, e quindi lo stile subisce una virata improvvisa e forzata, spesso accompagnata da copie senza vergogna e abbinata a un continuo parlare dell'autore originale dello stile, visto che come ho scritto prima, il "voglio disegnare così" porta il copiatore ad ammirare, deizzare l'originale.
Aspettate, quindi, e controllate i segni prima di balzare in groppa al destriero bianco e scassare i maroni ad un potenziale innocente, e soprattutto far venire un attacco di cuore all'artista.
Che dite, ne sapete abbastanza adesso di copie? Io passo e chiudo, ricordando a tutti quanti di venirmi a trovare al Lucca Comics, mi trovate al Japan Palace, al piano superiore in una saletta privata, con il fidato stand LuccaMangaSchool che offre anche abbondanti workshop per chi vuole passare un'ora a disegnare (e imparare!) prima di rituffarsi nella bolgia del Comics.
Cercherò di tornare a scrivere regolarmente, prometto, quindi scrivetemi le vostre idee per nuovi articoli!!
martedì 30 luglio 2013
L'arte digitale è vera arte?
Eh, che cos'è l'arte digitale? Non è tangibile, non possediamo originali da tenere nei musei, non la tocchiamo. Si può chiamare arte davvero?
Non ditemi che non vi è mai passato di mente, la bizzarra domanda "è davvero arte?". Persino io me la sono posta, e qui vi propongo la risposta, ovviamente quella che ho trovato io.
Cominciamo analizzando il punto fondamentale:
A che serve l'arte digitale?
Serve soprattutto per le commissioni, o i lavori a più mani. Nei momenti in cui si deve essere pronti a cambiare i colori, le ombre, l'espressione, senza perdere tempo a rifare da capo un disegno. Il digitale è soprattutto un modo per facilitare il lavoro professionale, perché ci da la possibilità di cambiare con poca fatica ciò che ci avrebbe richiesto giorni. In digitale vengono fatti i giochi a cui giochiamo, le pubblicità che vediamo, le decorazioni sui vestiti che indossiamo e persino le lettere che scriviamo al pc. In un'era così digitale ci si aspetterebbe una maggiore comprensione di questo tipo di materia, ma viene ugualmente solo in minima parte analizzata, sotto l'idea che il computer fa tutto da se' e l'artista siede allo schermo senza alzare un dito.
Quindi, l'arte digitale è indispensabile per il nostro mondo moderno, ma come mai quindi ci è difficile vederla come vera arte? Perché, l'esperienza mi racconta, come non capivamo i tuoni e ci siamo inventati Zeus che li tirava giù a mano, non capiamo esattamente che cosa succeda in quello schermo, e ci illudiamo che sia magia.
L'arte digitale è più semplice?
Sì, è una scusa comoda dirsi "visto che puoi cambiare all'infinito, è più facile". Ovviamente non è così, in quanto l'autore per approfittare delle comodità del digitale deve prima imparare a conoscere a fondo un programma, il che può richiedere anni, senza scordarci di quanto costano i programmi e l'attrezzatura, che sono uno schiaffo immediato rispetto al costo più a lungo termine delle arti tradizionali. Mentre impari il programma, impara anche una coordinazione occhio-mano sovrumana, che ti servirà per disegnare su una superficie mentre guardi su un'altra, e spero che non ti dia fastidio il wrestling con una penna che pesa quanto una stilografica vecchio stile, con la differenza che la penna grafica la impugni per ore mentre la stilografica la usi per la firma e via.
Ma il problema peggiore che porta il digitale non è certo elencato là sopra. No, il problema peggiore è infido e subdolo, non te ne accorgi finché non sei con gli occhi disidratati e i crampi che si prendono possesso di te. Il nemico non si nascondeva, è sempre stato lì, e non te ne sei accorto. Il nemico è che appunto si può cambiare all'infinito ciò che si è creato.
Esatto, la parte migliore del digitale è anche la parte peggiore: il committente ti chiederà di rifare lo stesso particolare millanta volte, e per altre ventordici ti chiederà di cambiare un colore che andava bene dall'inizio perché veniva dalla palette che ti ha fornito. Ti toccherà giostrarti un file dalle risoluzioni atroci perché credono che risoluzioni più alte equivalgano a qualità migliore (sbagliando, visto che poi stampano pagando un centesimo a volantino e fanno schifo), e soprattutto... La tavoletta abbassa istantaneamente la qualità del tuo lavoro. Non importa quanto sei bravo, per i primi cinque-sei anni non riuscirai a fare le cose esattamente come le vuoi te, perché la tavoletta non funziona per niente come la carta, e ti troverai a spendere ore a rifare la stessa maledetta linea cento volte, senza mai riuscire a vedere la visione d'insieme e trovandoti a dovere/volere ritoccare ogni cosa, incollato allo schermo in un circolo vizioso di "e se cambiassi la saturazione?", fino a che il computer ti va in crash senza salvare.
Ammettiamolo, la carta è finale, definitiva, e tombale. Una volta sbagliato colore te la devi cavare da te, ma almeno non spendi quattro ore a rifare i capelli perché hai deciso che rosa shocking erano più belli. Quel che è fatto è fatto, ed è esattamente quello che serve ai principianti: sbagliare, polleggiare un po' cercando di migliorarlo, peggiorare tutto e passare infine ad altro. Vedo potenze di figlioli incrostati sullo stesso file per mesi a causa del perfezionismo.
Ci vuole misurazione insomma, e pure autocontrollo, per darsi una calmata con i ritocchi da otto ore e fare qualcos'altro. E la misurazione, cari ragazzi, non è facile.
Ma cosa è esattamente l'arte?
Quando vedevo il mio professore scaricarsi foto che non erano nemmeno sue, ritagliarne pezzi e incollarle chiamandola arte mi sono venuti dei dubbi su quanto ci fosse di suo in quel che ha fatto, ma la risposta era semplice: tutto. Le foto che ha scaricato sono solo una maniera più rapida di arrivare a un risultato al quale lui non arriverebbe da solo, l'atto di creare in realtà risale a molto prima della composizione, quando lui si è detto che infilare una bombola d'ossigeno tra le gambe divaricate di una modella sarebbe stato divertente. E l'ha fatto, e ha fatto parlare di se'. A parte l'ovvio errore di usare foto altrui senza permesso, aveva creato. L'arte, nel suo stato più puro, è solo... Un'idea. Quindi, l'idea è l'arte, e l'esecuzione è solo un mezzo per esprimere l'idea. Può anche non essere eseguita, è arte il semplice concetto di inventare qualcosa.
Pure la matita è arte, qualcuno s'è preso la briga di incapsulare grafite nel legno, e poi qualcun altro s'è reso conto che con una lama in un cilindro la punta veniva più sottile che col coltello. Nasce da un'idea, e tutto ciò che nasce da un'idea è arte.
Quindi, seguendo questo principio, l'arte digitale è arte.
Io personalmente preferisco usare ancora il tradizionale il più possibile, ma c'è da stare al passo con i tempi, ed ecco qui tutto quello che ho da dire sull'arte digitale.
La prossima settimana non ci si sente a meno che non ci siano post super-speciali perché cominciano i corsi. Anche il blog si godrà un po' di vacanza :)
Non ditemi che non vi è mai passato di mente, la bizzarra domanda "è davvero arte?". Persino io me la sono posta, e qui vi propongo la risposta, ovviamente quella che ho trovato io.
Cominciamo analizzando il punto fondamentale:
A che serve l'arte digitale?
Serve soprattutto per le commissioni, o i lavori a più mani. Nei momenti in cui si deve essere pronti a cambiare i colori, le ombre, l'espressione, senza perdere tempo a rifare da capo un disegno. Il digitale è soprattutto un modo per facilitare il lavoro professionale, perché ci da la possibilità di cambiare con poca fatica ciò che ci avrebbe richiesto giorni. In digitale vengono fatti i giochi a cui giochiamo, le pubblicità che vediamo, le decorazioni sui vestiti che indossiamo e persino le lettere che scriviamo al pc. In un'era così digitale ci si aspetterebbe una maggiore comprensione di questo tipo di materia, ma viene ugualmente solo in minima parte analizzata, sotto l'idea che il computer fa tutto da se' e l'artista siede allo schermo senza alzare un dito.
Quindi, l'arte digitale è indispensabile per il nostro mondo moderno, ma come mai quindi ci è difficile vederla come vera arte? Perché, l'esperienza mi racconta, come non capivamo i tuoni e ci siamo inventati Zeus che li tirava giù a mano, non capiamo esattamente che cosa succeda in quello schermo, e ci illudiamo che sia magia.
L'arte digitale è più semplice?
Sì, è una scusa comoda dirsi "visto che puoi cambiare all'infinito, è più facile". Ovviamente non è così, in quanto l'autore per approfittare delle comodità del digitale deve prima imparare a conoscere a fondo un programma, il che può richiedere anni, senza scordarci di quanto costano i programmi e l'attrezzatura, che sono uno schiaffo immediato rispetto al costo più a lungo termine delle arti tradizionali. Mentre impari il programma, impara anche una coordinazione occhio-mano sovrumana, che ti servirà per disegnare su una superficie mentre guardi su un'altra, e spero che non ti dia fastidio il wrestling con una penna che pesa quanto una stilografica vecchio stile, con la differenza che la penna grafica la impugni per ore mentre la stilografica la usi per la firma e via.
Ma il problema peggiore che porta il digitale non è certo elencato là sopra. No, il problema peggiore è infido e subdolo, non te ne accorgi finché non sei con gli occhi disidratati e i crampi che si prendono possesso di te. Il nemico non si nascondeva, è sempre stato lì, e non te ne sei accorto. Il nemico è che appunto si può cambiare all'infinito ciò che si è creato.
Esatto, la parte migliore del digitale è anche la parte peggiore: il committente ti chiederà di rifare lo stesso particolare millanta volte, e per altre ventordici ti chiederà di cambiare un colore che andava bene dall'inizio perché veniva dalla palette che ti ha fornito. Ti toccherà giostrarti un file dalle risoluzioni atroci perché credono che risoluzioni più alte equivalgano a qualità migliore (sbagliando, visto che poi stampano pagando un centesimo a volantino e fanno schifo), e soprattutto... La tavoletta abbassa istantaneamente la qualità del tuo lavoro. Non importa quanto sei bravo, per i primi cinque-sei anni non riuscirai a fare le cose esattamente come le vuoi te, perché la tavoletta non funziona per niente come la carta, e ti troverai a spendere ore a rifare la stessa maledetta linea cento volte, senza mai riuscire a vedere la visione d'insieme e trovandoti a dovere/volere ritoccare ogni cosa, incollato allo schermo in un circolo vizioso di "e se cambiassi la saturazione?", fino a che il computer ti va in crash senza salvare.
Ammettiamolo, la carta è finale, definitiva, e tombale. Una volta sbagliato colore te la devi cavare da te, ma almeno non spendi quattro ore a rifare i capelli perché hai deciso che rosa shocking erano più belli. Quel che è fatto è fatto, ed è esattamente quello che serve ai principianti: sbagliare, polleggiare un po' cercando di migliorarlo, peggiorare tutto e passare infine ad altro. Vedo potenze di figlioli incrostati sullo stesso file per mesi a causa del perfezionismo.
Ci vuole misurazione insomma, e pure autocontrollo, per darsi una calmata con i ritocchi da otto ore e fare qualcos'altro. E la misurazione, cari ragazzi, non è facile.
Ma cosa è esattamente l'arte?
Quando vedevo il mio professore scaricarsi foto che non erano nemmeno sue, ritagliarne pezzi e incollarle chiamandola arte mi sono venuti dei dubbi su quanto ci fosse di suo in quel che ha fatto, ma la risposta era semplice: tutto. Le foto che ha scaricato sono solo una maniera più rapida di arrivare a un risultato al quale lui non arriverebbe da solo, l'atto di creare in realtà risale a molto prima della composizione, quando lui si è detto che infilare una bombola d'ossigeno tra le gambe divaricate di una modella sarebbe stato divertente. E l'ha fatto, e ha fatto parlare di se'. A parte l'ovvio errore di usare foto altrui senza permesso, aveva creato. L'arte, nel suo stato più puro, è solo... Un'idea. Quindi, l'idea è l'arte, e l'esecuzione è solo un mezzo per esprimere l'idea. Può anche non essere eseguita, è arte il semplice concetto di inventare qualcosa.
Pure la matita è arte, qualcuno s'è preso la briga di incapsulare grafite nel legno, e poi qualcun altro s'è reso conto che con una lama in un cilindro la punta veniva più sottile che col coltello. Nasce da un'idea, e tutto ciò che nasce da un'idea è arte.
Quindi, seguendo questo principio, l'arte digitale è arte.
Io personalmente preferisco usare ancora il tradizionale il più possibile, ma c'è da stare al passo con i tempi, ed ecco qui tutto quello che ho da dire sull'arte digitale.
La prossima settimana non ci si sente a meno che non ci siano post super-speciali perché cominciano i corsi. Anche il blog si godrà un po' di vacanza :)
domenica 28 luglio 2013
Sigur Ros, in concerto al Lucca Summer Festival
Bellezza, bellezza pura. Io sono una persona coi piedi per terra, ma questa band mi ha preso di peso e lanciato in un mondo sottomarino di incredibile complessità e forza. Dal vivo c'è un effetto straordinario dato dalle vibrazioni del terreno, che ti fanno immergere ancora più profondamente nella loro musica. Nel momento in cui l'oscillazione del corpo, le note, e le vibrazioni si incrociano... lì puoi perderti.
Un concerto decisamente indimenticabile, che mi ha davvero dato i brividi, e ha sciolto miracolosamente una quantità di tensione che mi trascinavo dietro da mesi. Devo ancora riprendermi del tutto da un'esperienza così potente.
Oltretutto io e papà ci siamo trovati, in Piazza Grande, una panchina tutta per noi. Abbastanza vicina al palco da vedere meglio di tutti i poveracci che ondeggiavano la testa per spiare tra un orecchio e uno smartphone, ma non tanto di lato da avere la visione ostruita da faretti e amplificatori. Il posto perfetto. E lì, come due serafici Sheldon, ci siamo piazzati tutti contenti con tanto di granitina alla fragola dal bar Il Pinguino, godendoci in comodità un concerto che la comodità se la meritava tutta. Non credo me lo sarei goduto altrettanto voluttuosamente se avessi dovuto stare in piedi tutte e due le ore dell'esibizione, rigorosamente coi tacchi che altrimenti non ci vedo nulla.
10/10, bravi Sigur Ros e bravi spettatori che ci avete lasciato la panchina migliore libera.
Siccome io pratico ferventemente il people-watching, volevo segnare nella storia di internet un po' di gente caruccia avvistata durante il concerto:
Primo in lista, il vecchio signore con la divisa della Misericordia che faceva le foto con l'aifonne tutto giulivo. Non sono ancora sicura che scopo abbiano le foto. Forse ha un blog.
La deliziosa signora che aveva paura di perdersi nella folla e quindi ha optato per un abito che ricordava un cono stradale. Più recentemente soprannominata: Sua Catarifrangenza.
La ragazza che si è stesa in un angolo della piazza e si è goduta il concerto come un pacifico indiano che ascolta le vibrazioni del terreno. Con il ragazzo al seguito che le teneva la mano.
Il dolcissimo straniero con l'apparecchio acustico che sedeva accanto a me, che è stato in lacrime per tutto il concerto e si sedeva solo in terra nonostante il suo zaino riposasse sulla panchina.
E ovviamente io e mio padre che ci siamo sfilati le scarpe per metterci in piedi sulla panchina, dondolando felici come pasque, per ben due canzoni.
Un salutino a Gherardo, Riccardo, Davide, You e Ilya che si sono persi il concerto e sono certa che saranno ancora lì a rosicare. Io vi lovvo, non abbiatemene.
martedì 23 luglio 2013
Impariamo da: Suwi
Suwi è un'artista della Repubblica Ceca, dallo stile molto particolare che mi ha fatto venire voglia di analizzarla!
Ciò che rende i suoi disegni così particolari è, per me, l'inchiostrazione/colorazione intricata che si affianca bene alla linearità che usa sui personaggi. I suoi pezzi non sono mai noiosi o sforniti, ogni parte è al posto giusto, grazie a un senso dello spazio fuori dal comune, ed ogni linea o colore ha un posto preciso e perfetto, per dare vita a opere bilanciate con una cura che sarebbe sorprendente perfino per un professionista.
Qual'è il suo punto forte?
La scelta dei colori non è mai casuale, e la grana della carta sempre ben visibile rende piacevolissimi i suoi pezzi, sembrano fiabe per bambini e in qualche modo, forse per l'uso dei rossi accesi per evidenziare il rossore della pelle, si riceve un calore particolare in alcuni pezzi. Non si può definire "semplice" il suo stile, nonostante a prima vista potrebbe sembrarlo, perché osservando più attentamente notiamo come quasi ogni colore contenga all'interno una decorazione, creando vitalità in quella che altrimenti sarebbe solo noiosa campitura.
Cosa possiamo imparare?
L'uso della carta è molto particolare: ne riempie spesso la maggior parte, per lasciare delle studiatissime forme che fanno parte del disegno, rendendo così la carta un "colore" invece che una superficie. Trovo che sia incredibile questo suo "scolpire" la carta trasformandola in parte dell'opera stessa. Gli spazi bianchi non vanno temuti ma imbrigliati, domati, e usati: credo sia questo il messaggio che possiamo scoprire una volta scavato nel suo stile.
Grazie a Suwi per avermi concesso il permesso di utilizzare le immagini!
Il prossimo post solleverà una grande questione: "L'arte digitale è vera arte?" quindi fatevi notificare prima di tutti quando arriverà, usando la casella in alto "segui via mail"
Alla prossima settimana!
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In the forest - S-u-w-i |
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Seeking - S-u-w-i |
La scelta dei colori non è mai casuale, e la grana della carta sempre ben visibile rende piacevolissimi i suoi pezzi, sembrano fiabe per bambini e in qualche modo, forse per l'uso dei rossi accesi per evidenziare il rossore della pelle, si riceve un calore particolare in alcuni pezzi. Non si può definire "semplice" il suo stile, nonostante a prima vista potrebbe sembrarlo, perché osservando più attentamente notiamo come quasi ogni colore contenga all'interno una decorazione, creando vitalità in quella che altrimenti sarebbe solo noiosa campitura.
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Elo - S-u-w-i |
L'uso della carta è molto particolare: ne riempie spesso la maggior parte, per lasciare delle studiatissime forme che fanno parte del disegno, rendendo così la carta un "colore" invece che una superficie. Trovo che sia incredibile questo suo "scolpire" la carta trasformandola in parte dell'opera stessa. Gli spazi bianchi non vanno temuti ma imbrigliati, domati, e usati: credo sia questo il messaggio che possiamo scoprire una volta scavato nel suo stile.
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Stroll - S-u-w-i |
Il prossimo post solleverà una grande questione: "L'arte digitale è vera arte?" quindi fatevi notificare prima di tutti quando arriverà, usando la casella in alto "segui via mail"
Alla prossima settimana!
martedì 16 luglio 2013
L'uomo d'acciaio.
Oggi è il mio compleanno, non ho intenzione di finire la recensione che sarebbe dovuta apparire oggi, quindi metto al mondo un post piccino picciò che riassume il film di Man of Steel.
Il film comincia subito con la scena del parto. Urla. Strida. Sbuffi.
Il mio prode accompagnatore si avvicina al mio orecchio e sussurra:
"Visto? Anche in una società super avanzata la femmina partorisce con dolore!"
Al che io commento:
"Eh, mica potevano farlo comincià con uno schifo di cesareo."
Questo è tutto quel che ho da dire su Man of Steel, che tanto a nessuno gliene importa più nulla.
Buoncompleanno a me e buonagiornata a tutti.
Il film comincia subito con la scena del parto. Urla. Strida. Sbuffi.
Il mio prode accompagnatore si avvicina al mio orecchio e sussurra:
"Visto? Anche in una società super avanzata la femmina partorisce con dolore!"
Al che io commento:
"Eh, mica potevano farlo comincià con uno schifo di cesareo."
Questo è tutto quel che ho da dire su Man of Steel, che tanto a nessuno gliene importa più nulla.
Buoncompleanno a me e buonagiornata a tutti.
martedì 9 luglio 2013
Hyouka
Un anime delizioso e leggerissimo, ma non per questo meno appassionante. Può mettere in dubbio all'inizio, ma piano piano si scopre un realismo inaspettato ed è forse il primo anime del quale posso dire con certezza che migliora puntata dopo puntata.
Nonostante l'atmosfera leggera e tenera, incolla lo spettatore allo schermo ed arriva anche ad essere interattivo, lasciandoti il tempo di formare le tue ipotesi sulle soluzioni dei misteri di ogni episodio.
L'animazione è divina, dai movimenti fluidi e con pochissimo riutilizzo dei frame, un prodotto di qualità superiore sostenuto da una storia che ha salde radici.
Genere: Hyouka è uno slice-of-life investigativo alla portata di tutti, per niente noioso anche per chi come me i gialli li soffre un pochino. Lo spirito della giovinezza Giapponese permea la trama e i personaggi, dandoci un'idea più chiara delle dinamiche di un liceo del sol levante ai giorni nostri, rendendolo un anime di particolare interesse per chi come me è assetato di cultura nipponica, ma al contempo ha un'atmosfera classica che trovo rilassante. Vi consiglio di partecipare alle investigazioni e allenare i neuroni mentre seguite i casi, è più divertente! Decisamente da guardare in compagnia.
La trama: Il protagonista è Hotaro: un liceale svogliato, che mira a "risparmiare le energie". Si rende conto di vivere una vita grigia, e l'accetta come un fatto, ma quando viene spinto dalla sorella ad iscriversi al club di Cultura Classica, a rischio chiusura, la sua vita subisce un drastico cambiamento. Lì incontra Chitanda, una ragazza di buona famiglia dalla curiosità insaziabile che si è iscritta al club per motivi che scopriremo più avanti. Assieme ad altri due personaggi, il club di Cultura Classica si trasforma in un circolo di investigazioni. I casi saranno tutti più o meno leggeri, sempre capeggiati dalla curiosità di Chitanda, portando passo dopo passo Hotaro ad apprezzare il colore e la vivacità della vita.
Perchè la trama è così corta? Perchè il resto è spoiler!! ;P
Target: Assolutamente chiunque! Un anime così piacevole non lo vedevo da tempo, è molto leggero eppure non annoia per niente e, ancora meglio, tiene in allenamento la materia grigia!
Questo anime dall'atmosfera primaverile è ciò che ci vuole per l'estate, e mi raccomando prestate attenzione all'animazione invidiabile, personalmente ho rivisto la prima puntata 4 volte e non mi è mai venuto a noia di osservare i dettagli e i movimenti secondari. Un vero prodotto di qualità, da gustarsi con qualcuno per commentare gli avvenimenti e confrontare le proprie soluzioni ad ogni mistero. Se lo guardate, ditemi cosa ne pensate!
Per chi ne ha voglia, sono in cerca di un tema per le prossime grandi domande, quindi non esitate a consigliare :3
Nonostante l'atmosfera leggera e tenera, incolla lo spettatore allo schermo ed arriva anche ad essere interattivo, lasciandoti il tempo di formare le tue ipotesi sulle soluzioni dei misteri di ogni episodio.
L'animazione è divina, dai movimenti fluidi e con pochissimo riutilizzo dei frame, un prodotto di qualità superiore sostenuto da una storia che ha salde radici.
Genere: Hyouka è uno slice-of-life investigativo alla portata di tutti, per niente noioso anche per chi come me i gialli li soffre un pochino. Lo spirito della giovinezza Giapponese permea la trama e i personaggi, dandoci un'idea più chiara delle dinamiche di un liceo del sol levante ai giorni nostri, rendendolo un anime di particolare interesse per chi come me è assetato di cultura nipponica, ma al contempo ha un'atmosfera classica che trovo rilassante. Vi consiglio di partecipare alle investigazioni e allenare i neuroni mentre seguite i casi, è più divertente! Decisamente da guardare in compagnia.
La trama: Il protagonista è Hotaro: un liceale svogliato, che mira a "risparmiare le energie". Si rende conto di vivere una vita grigia, e l'accetta come un fatto, ma quando viene spinto dalla sorella ad iscriversi al club di Cultura Classica, a rischio chiusura, la sua vita subisce un drastico cambiamento. Lì incontra Chitanda, una ragazza di buona famiglia dalla curiosità insaziabile che si è iscritta al club per motivi che scopriremo più avanti. Assieme ad altri due personaggi, il club di Cultura Classica si trasforma in un circolo di investigazioni. I casi saranno tutti più o meno leggeri, sempre capeggiati dalla curiosità di Chitanda, portando passo dopo passo Hotaro ad apprezzare il colore e la vivacità della vita.
Perchè la trama è così corta? Perchè il resto è spoiler!! ;P
Target: Assolutamente chiunque! Un anime così piacevole non lo vedevo da tempo, è molto leggero eppure non annoia per niente e, ancora meglio, tiene in allenamento la materia grigia!
Questo anime dall'atmosfera primaverile è ciò che ci vuole per l'estate, e mi raccomando prestate attenzione all'animazione invidiabile, personalmente ho rivisto la prima puntata 4 volte e non mi è mai venuto a noia di osservare i dettagli e i movimenti secondari. Un vero prodotto di qualità, da gustarsi con qualcuno per commentare gli avvenimenti e confrontare le proprie soluzioni ad ogni mistero. Se lo guardate, ditemi cosa ne pensate!
Per chi ne ha voglia, sono in cerca di un tema per le prossime grandi domande, quindi non esitate a consigliare :3
martedì 2 luglio 2013
Perché devo fare gli sfondi?
Sì, gli sfondi sono probabilmente la parte più noiosa del disegnare, e ve lo dice una a cui piace disegnare cose difficili! Però la prospettiva non mi piace particolarmente da disegnare... Perchè non è difficile! Come, direte voi, che eresia è questa? Pian piano ci arriviamo. Portate pazienza.
Quindi, senza ulteriori giri di parole, parliamo un po' di come si crea un bello sfondo e cominciamo proprio con un po' di motivazioni.
Perché devo disegnare gli sfondi?
Innanzitutto pensate a un anime o manga, e cercate di mettere la trama in parole... Senza fare riferimenti al luogo, la nazionalità dei protagonisti, e nemmeno al periodo storico. Eliminate ogni traccia che possa darne un'idea.
Facciamo che lo faccio io per voi, che tanto lo so che non ne avreste voglia. Prendiamo K-on. La trama, in breve, è che delle ragazze delle medie salvano il club di musica a corto di membri e imparano insieme a suonare musica pop, esibendosi poi al festival scolastico.
Eliminiamo il riferimento alla scuola, il luogo, e il club, che indica troppo la nazionalità, quindi anche il festival, infine togliamo la musica pop che indica il tempo: ciò che ci resta sono delle ragazze suonano insieme e si esibiscono. Wow, interessantissimo.
No, sul serio, lo leggereste? Manca qualcosa, la trama sembra incompleta. Questo perché il luogo e il tempo è infinitamente più importante per definire i personaggi di quanto non si dica. Un adolescente nel medioevo era già sposato, nel ventesimo secolo va a scuola. In Giappone guarderebbe il baseball, in italia il calcio. La psicologia del personaggio, quello che può fare e non fare, la sua vita, è influenzata profondamente dal posto in cui si trova. Bisogna renderlo chiaro, altrimenti il lettore faticherà a comprendere e l'ultima volta che ho controllato nessuno leggeva fumetti per risolvere puzzle di logica.
Per questo lo sfondo ci viene in aiuto. Immediatamente si rende riconoscibile il luogo e il tempo e si colloca subito la storia.
Non meno importante, il lettore deve capire che cosa sta succedendo, non basta fare un quadrato nel muro per far capire che il personaggio guarda fuori dalla finestra, la finestra ha la cornice. Ora però sembra un quadro. Aggiungiamo la maniglia. Certo che è misera. Aggiungiamo i riflessi... Però ora pare fluttuare, allora la incassiamo nel muro... Ora la finestra è dettagliata ma il muro è bianco... Mettiamo un paio di poster. Solo poster? Aggiungiamo almeno una scrivania... Magari non vuota... Uno scaffale... Ora li mettiamo a confronto.
Quale si capisce meglio tra le due? Quale ha più atmosfera? Capite quindi che per fare un bel disegno, un bel fumetto, tocca fare un po' di sfondi. Prendetela come una pratica zen, liberatevi dall'antipatia e cercate di fare un bel disegno.
Però i miei sfondi sembrano ospedali...
Normalissimo: è perchè non facciamo abbastanza attenzione ai dettagli. Prima di fare uno sfondo a memoria, prendete una foto del genere di posto che volete rappresentare. Guardate bene ogni elemento, non il posto come insieme, ma proprio le varie parti che rendono un posto riconoscibile: se è un negozio, o una casa, o un ufficio... La disposizione dell'arredamento, le decorazioni all'esterno, il tipo di struttura, cambia molto da luogo a luogo, non sono tutti parallelepipedi coi muri bianchi.
Mettete di voler disegnare un konbini... Non basta fare una porta con sopra l'insegna "konbini", anzi la regola nel disegnare sfondi è non usare le scritte, perché le scritte vanno a distogliere il lettore dal dialogo e impigriscono chi le usa eccessivamente.
Dissezionate l'arredamento, e cercate di disegnare in modo riconoscibile i vari elementi, dal tipo di porta che viene usato, alle pubblicità all'esterno e ai cestini, le bici poggiate contro il muro o i passanti sul marciapiede... Sono tutti elementi che rendono il posto vivo, abitato, credibile. Dovete far credere al lettore che quel posto esiste, o non si calerà mai nella storia e voi, per sola pigrizia, avrete perso lettori. Se continua a sembrare troppo bianco, aggiungete dei mattoni a vista. I retini dovrebbero fare il resto.
Però non mi piace disegnare gli sfondi...
Per rendere più leggero il compito di disegnare sfondi, trovo divertente nascondere luoghi o persone che conosco. Usare posti che avete visto o conoscete bene, storpiare nomi delle marche degli oggetti, aggiungere cameo di personaggi degli anime tra i peluche di una stanza o anche i vostri amici tra i tavoli di un ristorante... Non è più divertente rendere il vostro manga esclusivo? Insomma, divertitevi anche un po', perché la soddisfazione sarà immensa ugualmente alla fine di uno sfondo.
Se ancora non vi piace, rileggetevi la parte delle motivazioni, e fatevi entrare bene in testa che non facendone mai, i vostri lettori si stancheranno presto di dover capire da soli in che posto siano i personaggi, e un fumetto senza lettori non va avanti!
Ma l'autore X non li disegna mai!
E FA MALE!!! Sarà anche il capolavoro del secolo, ma è un capolavoro di qualità scadente. Siate sinceri: disegnate per fare belle cose, o per sentirvi dire che siete bravi? Beh in entrambi i casi lo sfondo serve, e solo perché "questo e quell'altro che sono famosi" non li disegnano, non significa che voi siate al loro livello!
Insomma, mettetevi l'animo in pace. Non ci sono scuse. E se ancora non li volete disegnare, non posso più far nulla per voi.
Per finire, mettiamoci in testa che la prospettiva *GASP* non è difficile. Eh. No, non lo è. Prendetevi un attimo per assimilare la notizia, bevetevi un succo di frutta che vi fanno bene le vitamine, e tornate a leggere quando avrete compreso il concetto che la prospettiva in realtà non è difficile.
Prendete due punti e tutto viene portato a puntare su uno o sull'altro. Tutto qui. È molto più facile di, per esempio, fare una posa con un'angolazione dal basso, perchè si tratta di logica. La prospettiva una volta capita è logica e semplice, e non è assolutamente così impossibile da fare come dicono. È solo noiosa, che è diverso! Quindi ora, tutti a studiarsi la prospettiva e, se volete, caricate le immagini da qualche parte e linkate nei commenti! Sosteniamoci nella noia!!
Sono pronta a ricevere suggerimenti sul prossimo argomento della sezione domande e risposte, fatemi sapere le vostre curiosità nei commenti!
Quindi, senza ulteriori giri di parole, parliamo un po' di come si crea un bello sfondo e cominciamo proprio con un po' di motivazioni.
Perché devo disegnare gli sfondi?
Innanzitutto pensate a un anime o manga, e cercate di mettere la trama in parole... Senza fare riferimenti al luogo, la nazionalità dei protagonisti, e nemmeno al periodo storico. Eliminate ogni traccia che possa darne un'idea.
Facciamo che lo faccio io per voi, che tanto lo so che non ne avreste voglia. Prendiamo K-on. La trama, in breve, è che delle ragazze delle medie salvano il club di musica a corto di membri e imparano insieme a suonare musica pop, esibendosi poi al festival scolastico.
Eliminiamo il riferimento alla scuola, il luogo, e il club, che indica troppo la nazionalità, quindi anche il festival, infine togliamo la musica pop che indica il tempo: ciò che ci resta sono delle ragazze suonano insieme e si esibiscono. Wow, interessantissimo.
No, sul serio, lo leggereste? Manca qualcosa, la trama sembra incompleta. Questo perché il luogo e il tempo è infinitamente più importante per definire i personaggi di quanto non si dica. Un adolescente nel medioevo era già sposato, nel ventesimo secolo va a scuola. In Giappone guarderebbe il baseball, in italia il calcio. La psicologia del personaggio, quello che può fare e non fare, la sua vita, è influenzata profondamente dal posto in cui si trova. Bisogna renderlo chiaro, altrimenti il lettore faticherà a comprendere e l'ultima volta che ho controllato nessuno leggeva fumetti per risolvere puzzle di logica.
Per questo lo sfondo ci viene in aiuto. Immediatamente si rende riconoscibile il luogo e il tempo e si colloca subito la storia.
Non meno importante, il lettore deve capire che cosa sta succedendo, non basta fare un quadrato nel muro per far capire che il personaggio guarda fuori dalla finestra, la finestra ha la cornice. Ora però sembra un quadro. Aggiungiamo la maniglia. Certo che è misera. Aggiungiamo i riflessi... Però ora pare fluttuare, allora la incassiamo nel muro... Ora la finestra è dettagliata ma il muro è bianco... Mettiamo un paio di poster. Solo poster? Aggiungiamo almeno una scrivania... Magari non vuota... Uno scaffale... Ora li mettiamo a confronto.
Quale si capisce meglio tra le due? Quale ha più atmosfera? Capite quindi che per fare un bel disegno, un bel fumetto, tocca fare un po' di sfondi. Prendetela come una pratica zen, liberatevi dall'antipatia e cercate di fare un bel disegno.
Però i miei sfondi sembrano ospedali...
Normalissimo: è perchè non facciamo abbastanza attenzione ai dettagli. Prima di fare uno sfondo a memoria, prendete una foto del genere di posto che volete rappresentare. Guardate bene ogni elemento, non il posto come insieme, ma proprio le varie parti che rendono un posto riconoscibile: se è un negozio, o una casa, o un ufficio... La disposizione dell'arredamento, le decorazioni all'esterno, il tipo di struttura, cambia molto da luogo a luogo, non sono tutti parallelepipedi coi muri bianchi.
Mettete di voler disegnare un konbini... Non basta fare una porta con sopra l'insegna "konbini", anzi la regola nel disegnare sfondi è non usare le scritte, perché le scritte vanno a distogliere il lettore dal dialogo e impigriscono chi le usa eccessivamente.
Dissezionate l'arredamento, e cercate di disegnare in modo riconoscibile i vari elementi, dal tipo di porta che viene usato, alle pubblicità all'esterno e ai cestini, le bici poggiate contro il muro o i passanti sul marciapiede... Sono tutti elementi che rendono il posto vivo, abitato, credibile. Dovete far credere al lettore che quel posto esiste, o non si calerà mai nella storia e voi, per sola pigrizia, avrete perso lettori. Se continua a sembrare troppo bianco, aggiungete dei mattoni a vista. I retini dovrebbero fare il resto.
Però non mi piace disegnare gli sfondi...
Per rendere più leggero il compito di disegnare sfondi, trovo divertente nascondere luoghi o persone che conosco. Usare posti che avete visto o conoscete bene, storpiare nomi delle marche degli oggetti, aggiungere cameo di personaggi degli anime tra i peluche di una stanza o anche i vostri amici tra i tavoli di un ristorante... Non è più divertente rendere il vostro manga esclusivo? Insomma, divertitevi anche un po', perché la soddisfazione sarà immensa ugualmente alla fine di uno sfondo.
Se ancora non vi piace, rileggetevi la parte delle motivazioni, e fatevi entrare bene in testa che non facendone mai, i vostri lettori si stancheranno presto di dover capire da soli in che posto siano i personaggi, e un fumetto senza lettori non va avanti!
Ma l'autore X non li disegna mai!
E FA MALE!!! Sarà anche il capolavoro del secolo, ma è un capolavoro di qualità scadente. Siate sinceri: disegnate per fare belle cose, o per sentirvi dire che siete bravi? Beh in entrambi i casi lo sfondo serve, e solo perché "questo e quell'altro che sono famosi" non li disegnano, non significa che voi siate al loro livello!
Insomma, mettetevi l'animo in pace. Non ci sono scuse. E se ancora non li volete disegnare, non posso più far nulla per voi.
Per finire, mettiamoci in testa che la prospettiva *GASP* non è difficile. Eh. No, non lo è. Prendetevi un attimo per assimilare la notizia, bevetevi un succo di frutta che vi fanno bene le vitamine, e tornate a leggere quando avrete compreso il concetto che la prospettiva in realtà non è difficile.
Prendete due punti e tutto viene portato a puntare su uno o sull'altro. Tutto qui. È molto più facile di, per esempio, fare una posa con un'angolazione dal basso, perchè si tratta di logica. La prospettiva una volta capita è logica e semplice, e non è assolutamente così impossibile da fare come dicono. È solo noiosa, che è diverso! Quindi ora, tutti a studiarsi la prospettiva e, se volete, caricate le immagini da qualche parte e linkate nei commenti! Sosteniamoci nella noia!!
Sono pronta a ricevere suggerimenti sul prossimo argomento della sezione domande e risposte, fatemi sapere le vostre curiosità nei commenti!
venerdì 28 giugno 2013
Madoka Magica: l'inizio della storia (e basta)
Sono andata a vedere Madoka Magica, assieme a un'altra ventina di giovani Otaku che si sono sparpagliati nella fila centrale.
Non so se loro si aspettavano quello che è successo. Io no.
Ma partiamo dall'inizio.
L'inizio della storia. Per prima cosa, in coda, mi trovo in questa situazione.
Mi è dispiaciuto tanto per il papino gentile, tutto pacato, ma non potevo lasciarli entrare credendo fosse un cartone allegro su delle ragazze che fanno amicizia.
L'ha presa molto bene.
Meglio del bigliettaio.
Ora, però, si dovrebbe parlar del film. Ma del film non ho nulla da dire perché NON ERA UN FILM. Era l'anime, tutto appiccicato in un'unico pappone di due ore e mezza.
Di nuovo c'era solo l'opening, completamente ridisegnata, e l'ending a lunghezza completa. Per il resto non hanno ridisegnato nemmeno un frame e gli errori di disegno a grandezza due metri per cinque sono ancora più orrendi. E poi il doppiaggio italiano che era... beh, italiano. Non sono una fan delle voci femminili italiane, l'uniche che mi sono piaciute sono state le voci di Homura e Sayaka.
Alla fin fine, l'unica e sola cosa che distingue il film dall'anime è che hanno tagliato la scena iniziale dove Madoka sogna il Walpurgis con Homura che le prende.
Ecco, della trama non ho niente da raccontare perché come dicevo prima sono le puntate dell'anime tutte di fila. E nemmeno ci fanno vedere la fine. Chiudono con l'ending, a fine film, e nemmeno scrivono "parte 2 il tal giorno" o "presto nei cinema: parte 2" Niente.
Che immagino per l'estrema fantasia dei traduttori italiani verrà chiamata "Madoka Magica: la fine della storia". Magari si vergognavano, poverini.
Comunque dicevo poco prima del Walpurgis il "film" finisce. Così, con Kyubey che battezza le streghe, codina al vento e occhio spiritato. Finisce.
Poi va beh, a fine film ammetto che ho frignato "ne voglio ancora!!" quando mi sono resa conto che quella era la prima metà. Mi ha soddisfatto. Riguardarsi la serie è stato bello, e ho anche versato qualche lacrimuccia.
Spero solo che nella seconda parte ci saranno contenuti nuovi, perché così com'è mi ha lasciato un po' di amaro in bocca visto che mi aspettavo che almeno avessero ridisegnato qualcosina. Tra l'altro, non sembra ci siano ancora abbastanza puntate della serie da giustificare un film, quindi ho buone speranze che avrà una fine diversa dalla serie originale.
Mi rifiuto di cercare nella rete, per evitarmi eventuali spoiler, quindi lasciatemi il piacere di essere nuovamente delusa.
Con questo passo e chiudo l'edizione speciale. Non avevo intenzione di parlare di cinema, ma in questo caso faccio un'eccezione essendo un'animazione ;)
Non so se loro si aspettavano quello che è successo. Io no.
Ma partiamo dall'inizio.
L'inizio della storia. Per prima cosa, in coda, mi trovo in questa situazione.
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Padre più flemmatico dell'anno. |
L'ha presa molto bene.
Meglio del bigliettaio.
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La grazia e l'eleganza di un uomo a cui Madre Natura non ha mai fatto un favore. MAI. |
Ora, però, si dovrebbe parlar del film. Ma del film non ho nulla da dire perché NON ERA UN FILM. Era l'anime, tutto appiccicato in un'unico pappone di due ore e mezza.
Di nuovo c'era solo l'opening, completamente ridisegnata, e l'ending a lunghezza completa. Per il resto non hanno ridisegnato nemmeno un frame e gli errori di disegno a grandezza due metri per cinque sono ancora più orrendi. E poi il doppiaggio italiano che era... beh, italiano. Non sono una fan delle voci femminili italiane, l'uniche che mi sono piaciute sono state le voci di Homura e Sayaka.
Alla fin fine, l'unica e sola cosa che distingue il film dall'anime è che hanno tagliato la scena iniziale dove Madoka sogna il Walpurgis con Homura che le prende.
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"nah, omettiamola!!" |
Che immagino per l'estrema fantasia dei traduttori italiani verrà chiamata "Madoka Magica: la fine della storia". Magari si vergognavano, poverini.
Comunque dicevo poco prima del Walpurgis il "film" finisce. Così, con Kyubey che battezza le streghe, codina al vento e occhio spiritato. Finisce.
Poi va beh, a fine film ammetto che ho frignato "ne voglio ancora!!" quando mi sono resa conto che quella era la prima metà. Mi ha soddisfatto. Riguardarsi la serie è stato bello, e ho anche versato qualche lacrimuccia.
Spero solo che nella seconda parte ci saranno contenuti nuovi, perché così com'è mi ha lasciato un po' di amaro in bocca visto che mi aspettavo che almeno avessero ridisegnato qualcosina. Tra l'altro, non sembra ci siano ancora abbastanza puntate della serie da giustificare un film, quindi ho buone speranze che avrà una fine diversa dalla serie originale.
Mi rifiuto di cercare nella rete, per evitarmi eventuali spoiler, quindi lasciatemi il piacere di essere nuovamente delusa.
Con questo passo e chiudo l'edizione speciale. Non avevo intenzione di parlare di cinema, ma in questo caso faccio un'eccezione essendo un'animazione ;)
mercoledì 26 giugno 2013
Impariamo da: Koyamori
Questa settimana è dedicata ai promo, e parto da un artista che ammiro da tempo: Koyamori.
I suoi personaggi sono etereii e privi di decorazione, basandosi soprattutto su uno stile lineare che rende i suoi lavori riconoscibili e piacevolissimi, deliziosamente geometrici e spesso monocromatici, che non è una scelta semplice al contrario di quel che si potrebbe pensare.
Il monocromatico, infatti, è terribilmente difficile da gestire perché l'assenza di contrasti appiattisce molto il risultato finale, ma Koyamori ci mostra con estrema grazia come utilizzare le diverse tonalità per rendere un'immagine comunque interessante.
La struttura è spontanea e la prospettiva incerta in qualche modo aggiunge alla dimensione da sogno che mantiene lo stile giocoso e calmo, nonostante la poca vitalità dei soggetti che a prima vista può inquietare, col tempo si comincia a scoprirli rassicuranti.
Perché non parlo di "fantasy"ma di "sogni"? Non si osserva curiosità nei personaggi per il mondo che li circonda, sono rilassati e consapevoli, quasi protettivi delle creature con le quali interagiscono, e posti di punto in bianco in paesaggi sfocati, mi ricorda molto di più una situazione di sogno che non un vero mondo a parte!
Qual'è il suo punto forte?
La sinteticità. Decisamente, è ciò che preferisco dei disegnatori orientali e d'ispirazione, essendo un cardine dell'arte nipponica sin dalle opere antiche. In questo stile sboccia perfettamente la parsimonia di tratti, e la quantità di spazi bianchi rilassa lo sguardo.
L'acquerello è il media migliore per rendere la bellezza di queste illustrazioni il più eterea possibile, e l'assenza di neri pieni rende ancora più volatile lo stile leggero, decisamente piacevole.
Cosa possiamo imparare?
Koyamori ci insegna che a volte meno diventa più, grazie alla sua efficacia grafica, e ci abitua ad accettare il vuoto e la semplicità come parte integrante di uno stile, piuttosto che una sola mancanza tecnica. La spontaneità, a volte, fa più della perfezione, e personalmente mi ricorda che ogni tanto è anche bene andare dove ci porta la mano e lasciare l'esasperazione e la pignoleria da parte per un po'.
Grazie a Koyamori per il permesso di usare le immagini! Qui potete trovare il suo artbook!
Noi ci rileggiamo martedì prossimo, e il post sarà un'altra delle grandi domande: "Perché devo disegnare gli sfondi?"Quindi preparate i vostri browser ;)
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Swallowed by a fish -Koyamori |
I suoi personaggi sono etereii e privi di decorazione, basandosi soprattutto su uno stile lineare che rende i suoi lavori riconoscibili e piacevolissimi, deliziosamente geometrici e spesso monocromatici, che non è una scelta semplice al contrario di quel che si potrebbe pensare.
Il monocromatico, infatti, è terribilmente difficile da gestire perché l'assenza di contrasti appiattisce molto il risultato finale, ma Koyamori ci mostra con estrema grazia come utilizzare le diverse tonalità per rendere un'immagine comunque interessante.
La struttura è spontanea e la prospettiva incerta in qualche modo aggiunge alla dimensione da sogno che mantiene lo stile giocoso e calmo, nonostante la poca vitalità dei soggetti che a prima vista può inquietare, col tempo si comincia a scoprirli rassicuranti.
Perché non parlo di "fantasy"ma di "sogni"? Non si osserva curiosità nei personaggi per il mondo che li circonda, sono rilassati e consapevoli, quasi protettivi delle creature con le quali interagiscono, e posti di punto in bianco in paesaggi sfocati, mi ricorda molto di più una situazione di sogno che non un vero mondo a parte!
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Little space -Koyamori |
La sinteticità. Decisamente, è ciò che preferisco dei disegnatori orientali e d'ispirazione, essendo un cardine dell'arte nipponica sin dalle opere antiche. In questo stile sboccia perfettamente la parsimonia di tratti, e la quantità di spazi bianchi rilassa lo sguardo.
L'acquerello è il media migliore per rendere la bellezza di queste illustrazioni il più eterea possibile, e l'assenza di neri pieni rende ancora più volatile lo stile leggero, decisamente piacevole.
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Parasol -Koyamori |
Cosa possiamo imparare?
Koyamori ci insegna che a volte meno diventa più, grazie alla sua efficacia grafica, e ci abitua ad accettare il vuoto e la semplicità come parte integrante di uno stile, piuttosto che una sola mancanza tecnica. La spontaneità, a volte, fa più della perfezione, e personalmente mi ricorda che ogni tanto è anche bene andare dove ci porta la mano e lasciare l'esasperazione e la pignoleria da parte per un po'.
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Nusi -Koyamori |
Noi ci rileggiamo martedì prossimo, e il post sarà un'altra delle grandi domande: "Perché devo disegnare gli sfondi?"Quindi preparate i vostri browser ;)
martedì 18 giugno 2013
Usagi Drops
Voglio cominciare la sezione recensioni da Usagi Drops, una serie di Yumi Unita.
La traduzione italiana lascia un po' a desiderare, più spesso del consentito confondono i balloon, e a volte se ne fregano altamente e traducono cose senza senso, cambiando un pennino in una piuma... Ma non riesce a rovinare questo fumetto sorprendentemente potente.
Genere: Non è uno Shoujo ne' uno Shounen, è l'equivalente giapponese di una graphic novel. Parla di vita vera ed è al contempo assurdo e sincero, non fa che migliorare e mi stupisco ad ogni volume di quanto bene scorra una storia che non è resa complicata, pur essendo difficile.
Trama: Parla di Daikichi, un trentenne che si sobbarca la responsabilità di crescere Rin, figlia di suo nonno. Nata da una relazione tra l'anziano vedovo e una donna assente (non fate spoiler!) la bimba non ha nessuno a cui appoggiarsi nel momento in cui il nonno muore, e nessuno dei parenti osa portarsi in casa Rin per via del suo comportamento evidentemente disturbato. Viene bollata come una bimba problematica per via dell'ovvio trauma e Daikichi, nel disgusto di vedere una bambina di età prescolare venire abbandonata a quella maniera, d'impulso se la prende in casa.
Così comincia la storia, e la dinamica tra un'uomo che deve improvvisamente diventare padre per una bambina che è piombata all'improvviso nella sua vita, e scopre le gioie e i dolori di essere un genitore... E che i genitori sono ovunque.
Insomma, un destino improvviso per il quale non si è assolutamente preparati, e con la vita di una persona sulle spalle. Mostra per lo più scene quotidiane, quasi mai straordinario, ma il suo ritmo scandito e la costante meraviglia di Daikichi per le piccole cose che scopre lo rende un manga di sorprendente realismo.
Premesse per leggerlo: Non penso sarà una sezione che userò spesso, ma c'è bisogno di spiegare che in Giappone tra i 25 e i 30 anni ci si sposa, e tra i 30 e 35 si fa un figlio. Così funziona la loro società.
Questa informazione vi serve perchè nel fumetto non viene spiegato, ma Daikichi è "in ritardo" sulla tabella di marcia, essendo trentenne e non ancora sposato, quindi è un po' pressato e un po' alienato, e spiega pure come mai quando viene visto con una bimba nessuno se ne meraviglia. Rischiano di sembrare buchi nella trama, ma in realtà è solo la traduzione che non mette nemmeno una nota a piè pagina su questi temi che sono troppo giapponesi per essere capiti al volo.
Target: Non ci sono state scene esplicite per ora (in italia sono usciti si e no 3 volumi su 10 per ora) e non penso ce ne saranno. Anche il linguaggio non è volgare, ma comunque non lo consiglio ai minori di 20 anni perchè è molto "adulto" nei temi, nei ritmi, e nelle esposizioni dei fatti. Trovo anche molto difficile immedesimarsi nel personaggio di Daikichi e nei suoi problemi, nonostante lui sia molto europeo nel cuore, ed è anche per questo che lo consiglio a un pubblico più adulto. Comunque, per chi come me adora avere una finestra sull'anima degli umani, Usagi Drops è un assoluto must.
La traduzione italiana lascia un po' a desiderare, più spesso del consentito confondono i balloon, e a volte se ne fregano altamente e traducono cose senza senso, cambiando un pennino in una piuma... Ma non riesce a rovinare questo fumetto sorprendentemente potente.
Genere: Non è uno Shoujo ne' uno Shounen, è l'equivalente giapponese di una graphic novel. Parla di vita vera ed è al contempo assurdo e sincero, non fa che migliorare e mi stupisco ad ogni volume di quanto bene scorra una storia che non è resa complicata, pur essendo difficile.
Trama: Parla di Daikichi, un trentenne che si sobbarca la responsabilità di crescere Rin, figlia di suo nonno. Nata da una relazione tra l'anziano vedovo e una donna assente (non fate spoiler!) la bimba non ha nessuno a cui appoggiarsi nel momento in cui il nonno muore, e nessuno dei parenti osa portarsi in casa Rin per via del suo comportamento evidentemente disturbato. Viene bollata come una bimba problematica per via dell'ovvio trauma e Daikichi, nel disgusto di vedere una bambina di età prescolare venire abbandonata a quella maniera, d'impulso se la prende in casa.
Così comincia la storia, e la dinamica tra un'uomo che deve improvvisamente diventare padre per una bambina che è piombata all'improvviso nella sua vita, e scopre le gioie e i dolori di essere un genitore... E che i genitori sono ovunque.
Insomma, un destino improvviso per il quale non si è assolutamente preparati, e con la vita di una persona sulle spalle. Mostra per lo più scene quotidiane, quasi mai straordinario, ma il suo ritmo scandito e la costante meraviglia di Daikichi per le piccole cose che scopre lo rende un manga di sorprendente realismo.
Premesse per leggerlo: Non penso sarà una sezione che userò spesso, ma c'è bisogno di spiegare che in Giappone tra i 25 e i 30 anni ci si sposa, e tra i 30 e 35 si fa un figlio. Così funziona la loro società.
Questa informazione vi serve perchè nel fumetto non viene spiegato, ma Daikichi è "in ritardo" sulla tabella di marcia, essendo trentenne e non ancora sposato, quindi è un po' pressato e un po' alienato, e spiega pure come mai quando viene visto con una bimba nessuno se ne meraviglia. Rischiano di sembrare buchi nella trama, ma in realtà è solo la traduzione che non mette nemmeno una nota a piè pagina su questi temi che sono troppo giapponesi per essere capiti al volo.
Target: Non ci sono state scene esplicite per ora (in italia sono usciti si e no 3 volumi su 10 per ora) e non penso ce ne saranno. Anche il linguaggio non è volgare, ma comunque non lo consiglio ai minori di 20 anni perchè è molto "adulto" nei temi, nei ritmi, e nelle esposizioni dei fatti. Trovo anche molto difficile immedesimarsi nel personaggio di Daikichi e nei suoi problemi, nonostante lui sia molto europeo nel cuore, ed è anche per questo che lo consiglio a un pubblico più adulto. Comunque, per chi come me adora avere una finestra sull'anima degli umani, Usagi Drops è un assoluto must.
lunedì 10 giugno 2013
E si festeggia di già!
Le prime 100 visualizzazioni del blog, in solo 24 ore di vita!
Mi starò galvanizzando un po' troppo?
Comunque sia, ogni settimana ci sarà un post, li metterò di Mercoledì così avrò Lunedì e Martedì per scriverli :)
Quindi, Mercoledì prossimo ci sarà un nuovo post! E sarà un consiglio per gli acquisti ;3
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"Stupidaggine Celebrativa", Arte Moderna. Photoshop su tela digitale, primi anni 2000. Unico esemplare al mondo esposto nel macbook di Casa Rocchi. |
Mi starò galvanizzando un po' troppo?
Comunque sia, ogni settimana ci sarà un post, li metterò di Mercoledì così avrò Lunedì e Martedì per scriverli :)
Quindi, Mercoledì prossimo ci sarà un nuovo post! E sarà un consiglio per gli acquisti ;3
Perchè le fanart piacciono?
Questa è una domanda che tormenta le notti insonni degli artisti.
"perché a nessuno piacciono i miei disegni e mettono mi piace a quel disegno di Naruto fatto male?"
"è popolare solo perché è una fanart!"
"quelli che amano le fanart sono tutti idioti!!"
"le fanart sono una scorciatoia, chi le fa è un lavativo!"
Sono tutte frasi che abbiamo sentito da qualche parte, magari le abbiamo anche partorite noi a volte, ed è comprensibile, e magari ci siamo convinti che le fanart sono davvero il male. Ma facciamo un passo indietro, e poniamoci una domanda.
Perché le fanart piacciono?
Perché il personaggio è conosciuto. Grazie Capitan Ovvio direte voi, ma aspettate. Non abbiate fretta. Il fatto che il personaggio è conosciuto, non significa che sfrutti la popolarità del fumetto. Certo, più è popolare il manga e più cuori, pollici, stelline e simboli di apprezzamento riceverà, ma... Pensateci un attimo, perché si dovrebbe mettere mi piace a un personaggio? Solo perché lo hai visto su un poster? Quelli che ragionano così sono molti meno di quanti pensiate.
La verità è che le fanart vendono perché chi le guarda conosce già il personaggio, conosce già la sua storia ed è emotivamente collegato al personaggio.
Per questo le fanart sono popolari. Perché un personaggio qualsiasi che si rilassa sul prato non ha alcun significato per chi lo osserva, è un estraneo ai loro occhi, e chi si ferma a guardare un estraneo? Ma mettiamoci ad esempio Rufy e tutti si infiammano di passione. Quello è Rufy, non è un estraneo, è Rufy! Il mio nakama! So tutto della sua vita, mi ha insegnato tante cose, è Rufy e mi piace tantissimo che sia stato disegnato mentre si rilassa sul prato.
Come reazione è naturalissima... Perché la differenza è il legame di conoscenza che si crea tra il personaggio e il lettore, che nelle fanart semplicemente c'è già.
Ma allora come faccio a far sì che i miei disegni piacciano?
Dovete creare un collegamento tra il lettore e il personaggio. Rendete quel personaggio un loro amico, anche se per pochi minuti, e raccontate la sua storia attraverso l'immagine. Invece di disegnare il personaggio che si rilassa nel prato con gli occhi chiusi e il prato vuoto, perché non disegnarlo con gli occhi socchiusi, spiando la luce che filtra dai rami, magari con la bicicletta lasciata accanto e i resti di un panino, una bottiglietta, una goccia di sudore sulla fronte? Ci racconta immediatamente che è una giornata calda, che il personaggio è montato in sella con un panino e una bottiglia d'acqua, s'è fatto una scampagnata e ha raggiunto la collina erbosa dove s'è steso dopo la merenda, osservando le fronde muoversi, ascoltando il silenzio.
Adesso lo conosciamo, il personaggio. C'è un legame emotivo. E tutti quelli che hanno fatto la stessa cosa, o vorrebbero farla, capiscono i sentimenti del personaggio, magari lo invidiano pure o addirittura decidono di fare una cosa del genere alla prima occasione. Non è molto meglio? Il compito di un disegno non è essere solo carino da guardare, ma di suscitare qualcosa, che sia curiosità, relax, o confusione non importa, diamo un senso a quello che viene visto, altrimenti sarebbe come leggere una lunga riga di lettere scombinate:
aeopotnmrbweàoibsb!nl-rtoitbtòsbòugbglsòieywdarasrtrbiubtktbruigfnlnabvkruebea
Cosa avete provato? Ve lo dico io: nulla. Scommetto non avete nemmeno letto tutto il testo. Perché? Perchè è noioso, piatto, scombinato e soprattutto senza senso.
Quindi la prossima volta che disegnate un'illustrazione, dategli un senso!
Allora ammetti che chi fa fanart usa una scorciatoia?
Può sembrarlo ma non lo è, fare fanart è un po' rischioso e un po' limitante. Che non è proprio quel che si cerca in una scorciatoia, giusto?
Quindi... Lo faccio o no???
Questo lo dovreste decidere da voi, ma se proprio volete un consiglio... Perché non un po' di entrambi?
"perché a nessuno piacciono i miei disegni e mettono mi piace a quel disegno di Naruto fatto male?"
"è popolare solo perché è una fanart!"
"quelli che amano le fanart sono tutti idioti!!"
"le fanart sono una scorciatoia, chi le fa è un lavativo!"
Sono tutte frasi che abbiamo sentito da qualche parte, magari le abbiamo anche partorite noi a volte, ed è comprensibile, e magari ci siamo convinti che le fanart sono davvero il male. Ma facciamo un passo indietro, e poniamoci una domanda.
Perché le fanart piacciono?
Perché il personaggio è conosciuto. Grazie Capitan Ovvio direte voi, ma aspettate. Non abbiate fretta. Il fatto che il personaggio è conosciuto, non significa che sfrutti la popolarità del fumetto. Certo, più è popolare il manga e più cuori, pollici, stelline e simboli di apprezzamento riceverà, ma... Pensateci un attimo, perché si dovrebbe mettere mi piace a un personaggio? Solo perché lo hai visto su un poster? Quelli che ragionano così sono molti meno di quanti pensiate.
La verità è che le fanart vendono perché chi le guarda conosce già il personaggio, conosce già la sua storia ed è emotivamente collegato al personaggio.
Per questo le fanart sono popolari. Perché un personaggio qualsiasi che si rilassa sul prato non ha alcun significato per chi lo osserva, è un estraneo ai loro occhi, e chi si ferma a guardare un estraneo? Ma mettiamoci ad esempio Rufy e tutti si infiammano di passione. Quello è Rufy, non è un estraneo, è Rufy! Il mio nakama! So tutto della sua vita, mi ha insegnato tante cose, è Rufy e mi piace tantissimo che sia stato disegnato mentre si rilassa sul prato.
Come reazione è naturalissima... Perché la differenza è il legame di conoscenza che si crea tra il personaggio e il lettore, che nelle fanart semplicemente c'è già.
Ma allora come faccio a far sì che i miei disegni piacciano?
Dovete creare un collegamento tra il lettore e il personaggio. Rendete quel personaggio un loro amico, anche se per pochi minuti, e raccontate la sua storia attraverso l'immagine. Invece di disegnare il personaggio che si rilassa nel prato con gli occhi chiusi e il prato vuoto, perché non disegnarlo con gli occhi socchiusi, spiando la luce che filtra dai rami, magari con la bicicletta lasciata accanto e i resti di un panino, una bottiglietta, una goccia di sudore sulla fronte? Ci racconta immediatamente che è una giornata calda, che il personaggio è montato in sella con un panino e una bottiglia d'acqua, s'è fatto una scampagnata e ha raggiunto la collina erbosa dove s'è steso dopo la merenda, osservando le fronde muoversi, ascoltando il silenzio.
Adesso lo conosciamo, il personaggio. C'è un legame emotivo. E tutti quelli che hanno fatto la stessa cosa, o vorrebbero farla, capiscono i sentimenti del personaggio, magari lo invidiano pure o addirittura decidono di fare una cosa del genere alla prima occasione. Non è molto meglio? Il compito di un disegno non è essere solo carino da guardare, ma di suscitare qualcosa, che sia curiosità, relax, o confusione non importa, diamo un senso a quello che viene visto, altrimenti sarebbe come leggere una lunga riga di lettere scombinate:
aeopotnmrbweàoibsb!nl-rtoitbtòsbòugbglsòieywdarasrtrbiubtktbruigfnlnabvkruebea
Cosa avete provato? Ve lo dico io: nulla. Scommetto non avete nemmeno letto tutto il testo. Perché? Perchè è noioso, piatto, scombinato e soprattutto senza senso.
Quindi la prossima volta che disegnate un'illustrazione, dategli un senso!
Allora ammetti che chi fa fanart usa una scorciatoia?
Può sembrarlo ma non lo è, fare fanart è un po' rischioso e un po' limitante. Che non è proprio quel che si cerca in una scorciatoia, giusto?
Primo, dovete pensare al personaggio e a come si comporterebbe nella situazione in cui l'avete messo, quindi si deve conoscerlo ed esserci affezionati.
Secondo, dovete disegnarlo perfettamente uguale al manga o i fans se la prenderanno, magari addirittura adattare lo stile a quello dell'autore. C'è da andarci coi piedi di piombo ad alterare qualcosa.
Terzo, le fanarts o le fanfiction o le doujinshi essendo appoggiate a personaggi già creati, non vi fanno crescere come autore ne' vi abituano a creare personaggi.
Non peggiora per forza chi le fa, ne' i fanartist sono peggiori degli artisti "normali", anzi spesso sono parecchio bravi e sono loro quelli che guadagnano popolarità... E la popolarità è importante nel mondo artistico.
In ultima analisi, fare fanart porta sì popolarità ma è anche una scelta rischiosa, perché può portare a disabituarsi ad usare personaggi propri e compromettere il miglioramento dei rapporti personaggi/lettori.
Insomma, fare fanart è una scelta, ma come tale va rispettata e insultare un fanartist non vi porterà niente di niente, sarete solo persone più tristi di prima perché non sarete (ovviamente) riusciti a smontare l'oggetto delle vostre invidie.
Quindi... Lo faccio o no???
Questo lo dovreste decidere da voi, ma se proprio volete un consiglio... Perché non un po' di entrambi?
sabato 8 giugno 2013
Blogger o non blogger?
Dopo circa 20 minuti di esaltante suspance su Facebook, 15 minuti passati a giocherellare con il crea-blog, e altri 5 minuti a fissare la pagina vuota, ecco che vi trovate davanti un magnifico esempio di blog in fase beta.
Per evitarci dolori da improvvise dipartite, terrò il blog in fase beta per un paio di mesi, per testare se so prendermene cura e se a qualcuno interessa leggere, quindi deciderò se impegnarmi a continuare o cancellarlo dalla faccia del web.
Vediamo che cosa succede.
Il punto però è che non sono sicura di che farmene del blog.
Potrei rispondere alle grandi curiosità del pubblico, in fondo ci sono domande che tormentano tutti e curare l'insonnia da domande esistenziali è importante. Poi i disegnatori suscitano curiosità, potrei soddisfare le grandi curiosità, per esempio: in media, quanto cioccolato consuma un disegnatore giornalmente?
La risposta è 2.8 cioccolatini al rum per gli uomini e una tavoletta intera per le donne. (ma anche no)
Nah, così non funziona.
Potrei consigliare qualche manga ogni tanto. Mostrare al mondo che leggo roba di qualità, fumetti di classe.
Di criticare manga mi sa che non se ne parla, è rischioso esprimere le proprie opinioni sul web.
Potrei fare features di disegnatori e ispirazioni...
Cosa vi suscita curiosità, lettori del mio cuoricino? Alla fine lo scopo di avere un blog è farlo leggere, mica scrivere al vento, quindi cosa potrebbe convincervi a leggere?
Inondatemi di commenti e vediamo di tirar su un blog che sia bello anche per voi ;)
Per evitarci dolori da improvvise dipartite, terrò il blog in fase beta per un paio di mesi, per testare se so prendermene cura e se a qualcuno interessa leggere, quindi deciderò se impegnarmi a continuare o cancellarlo dalla faccia del web.
Vediamo che cosa succede.
Il punto però è che non sono sicura di che farmene del blog.
Potrei rispondere alle grandi curiosità del pubblico, in fondo ci sono domande che tormentano tutti e curare l'insonnia da domande esistenziali è importante. Poi i disegnatori suscitano curiosità, potrei soddisfare le grandi curiosità, per esempio: in media, quanto cioccolato consuma un disegnatore giornalmente?
La risposta è 2.8 cioccolatini al rum per gli uomini e una tavoletta intera per le donne. (ma anche no)
Nah, così non funziona.
Potrei consigliare qualche manga ogni tanto. Mostrare al mondo che leggo roba di qualità, fumetti di classe.
Di criticare manga mi sa che non se ne parla, è rischioso esprimere le proprie opinioni sul web.
Potrei fare features di disegnatori e ispirazioni...
Cosa vi suscita curiosità, lettori del mio cuoricino? Alla fine lo scopo di avere un blog è farlo leggere, mica scrivere al vento, quindi cosa potrebbe convincervi a leggere?
Inondatemi di commenti e vediamo di tirar su un blog che sia bello anche per voi ;)
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